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Bilancino: torna la pesca di frodo. Le guardie volontarie: «Bande organizzate»

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Bilancino: torna la pesca di frodo. Le guardie volontarie: «Bande organizzate» Bilancino: torna la pesca di frodo. Le guardie volontarie: «Bande organizzate» © n.c.
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Da anni afflitto dalla piaga della pesca di frodo e dal degrado delle sponde, il lago di Bilancino torna a far parlare di sé. Nei pattugliamenti notturni dell’area ad opera delle guardie volontarie sono state rinvenute diverse reti – da quelle di piccole dimensioni fino a quelle di decine di metri di ampiezza – che hanno insospettito i pescatori abituali della zona. Il ritrovamento, unito alle segnalazioni di camion bianchi e avvistamenti di bracconieri, sta portando alla conclusione che non si tratti più di casi isolati o sporadici, ma di bande organizzate con l’unico scopo di prelevare ingenti quantità di pesce per poi rivenderle nel mercati del Nord Italia o consumarle direttamente. Nato da pochi giorni, il gruppo Facebook Tutela Acque Toscane sembra essere diventato una sorta di fronte comune tramite cui pescatori e appassionati, con ritmo crescente, denunciano i tanti illeciti registrati nella regione: dall’Elsa, all’Arno fino a Bilancino. E proprio dal lago mugellano arrivano gli ultimi timori. Nel seguire il filo della storia, finora solo un sospetto, si passa per Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Si parte dal 16 giugno 2012, quando al Mercato ittico di Milano, il più importante d'Italia, viene siglato un accordo per commercializzare e valorizzare siluro, carassio e gardon: pesci meno “nobili” e di basso valore economico; provenienti dai fiumi dell’Europa centro orientale e confluiti nelle acque lombarde. In quell’occasione gli attori furono l’assessore regionale all'Agricoltura, Giulio De Capitani, l'assessore al Commercio Margherita Peroni, il presidente di Sogemi (Società per l’Impianto e l’Esercizio dei Mercati Annonari all’Ingrosso di Milano), Luigi Predeval, il commissario della Provincia di Como, gli assessori provinciali con delega alla pesca di Varese, Lecco e Sondri, e le associazioni dei pescatori locali. De Capitani (giunta Formigoni) dichiarava: «Questi pesci provengono principalmente dalle acque del Danubio e, sotto il profilo gastronomico, sono molto apprezzati dalle popolazioni austriache, ungheresi, bulgare e rumene. La presenza in Lombardia di comunità dell'Europa orientale e la possibilità di commercializzare liberamente all'interno dell'Unione europea rappresentano due chiavi per trasformare questo pescato in una interessante opportunità ecologica e di reddito. L'auspicio è che si riesca ad ampliare l'offerta con i pesci tradizionali dei nostri laghi, come il lavarello, il coregone, il persico, il luccio e la tinca, che al momento non riescono a superare i confini dei mercati rivieraschi». L’iniziativa, costata alla Regione 41 mila euro, nasceva quindi per favorire l’import-export di queste specie con l’Europa orientale, sperando così di valorizzare anche il mercato interno. Secondo gli amministratori di Tutela Acque Toscane, e anche di alcuni esperti del settore, con quella firma invece, posta nelle migliori intenzioni, si sarebbe intensificata la pesca di frodo. La legalizzazione della vendita fuori dai confini italiani, infatti, avrebbe attirato gli occhi indiscreti di chi prova a caricare il pesce in furgoni frigo per poi trasportarlo al Nord e piazzarlo al miglior offerente nei mercati; ben sapendo come esista una domanda consistente e quindi redditizia. A questo filone illecito va poi ad aggiungersi il caso dei Lipoveni: una popolazione nomade proveniente dall'area danubiana. Di cultura slava, basano il proprio sostentamento sulla tradizionale attività della pesca con le reti, facendo del pesce il principale alimento. Nel tempo, senza minimamente preoccuparsi dell'impatto ambientale, hanno impoverito la fauna ittica del luogo in modo quasi irreversibile, al punto che l'Istituto Nazionale per la Ricerca e lo Sviluppo del delta del Danubio (patrimonio Unesco) ha dovuto adottare seri provvedimenti al fine di limitare l'attività di pesca a determinati periodi dell'anno e istituire severe azioni di controllo. Queste imposizioni, però, sono state interpretate dai Lipoveni come limiti insormontabili e vera minaccia per il mantenimento della propria sussistenza e della propria cultura. Da lì un esodo verso altre nazioni. Dalla primavera del 2012, non senza i puntuali lamenti delle comunità locali, cominciarono ad insediarsi in Italia, in particolare tra le province di Ferrara e Rovigo, riversandosi di fatto attorno alle acque del Po. Inoltre, la decisione di concedere, da parte della Provincia di Rovigo, la regolare licenza professionale di pesca in cambio di un versamento irrisorio, avrebbe ulteriormente complicato la situazione. Questo perché nel tentativo di frenare il bracconaggio, si sarebbe liberalizzato un furto costante, responsabile del depredamento delle risorse ittiche. Un flagello con cui tuttora le istituzioni del nord Italia devono fare i conti a ritmo quotidiano. Non escludendo un collegamento in un giro d'affari da migliaia d'euro (denunciato a più riprese dalla forestale tra il Veneto, l'Emilia e la Lombardia), sarebbero quindi due le ipotesi: l’azione venale verso i ricchi mercati milanesi (aperti a quelli europei, generosi verso certi tipi di pesce), e l’aggravante dei Lipoveni. Si prenderebbe in Toscana (soprattutto siluri) per rivendere in Lombardia, oppure per fare scorta e successivamente nutrirsi. Dai pescatori mugellani arriva dunque l'allarme: «La maggior parte dei casi ci fanno capire che si tratta di personaggi di origine straniera, probabilmente Lipoveni. Usano grandi reti, agiscono nelle ore notturne (da mezzanotte alle cinque di mattina), se ne vanno probabilmente con furgoni frigo che sono stati puntualmente segnalati. Potrebbe trattarsi di bande organizzate e ben preparate. Rischiamo di fare la fine del Nord, dove queste pratiche stanno distruggendo intere fiumi o laghi». E ancora: «L’accordo di import-export siglato tra Sogemi e Regione Lombardia rende appetibile un certo mercato; inoltre non capiamo come sia possibile, nel 2016, che delle persone vivano di pesca. Forse le due cose sono collegate, non possiamo dirlo. Sta di fatto che nel lago si assiste ad episodi di bracconaggio. Far finta di niente è inutile: Bilancino ha un potenziale turistico immenso e così si rischia di buttar via tutto. La pesca sportiva in Italia muove 2 milioni di persone all’anno; se gestita bene, questa risorsa potrebbe risollevare le sorti del turismo nostrano». La richiesta è chiara: cominciare seriamente ad occuparsi del problema . Più uomini, più attenzione, regolamenti incisivi. La grande limitazione di chi segnala nelle ronde notturne è quella di non poter prendere concreti provvedimenti. Le guardie ittiche poi, senza la polizia provinciale o l’intervento della forestale, avrebbero le mani legate, e comunque «non basta mettere due vigili in più o sanzionare economicamente: perché spesso si rischia di penalizzare chi è innocente e le multe non le paga nessuno», aggiungono da Tutela Acque Toscane, «c’è bisogno di un’azione legislativa che consenta di aumentare i controlli e inasprire le sanzioni: a chi è colto in flagrante andrebbe sequestrato il mezzo assieme all’attrezzatura utilizzata per uccidere e catturare il pesce. Solo così si crea un danno a chi infrange la legge». Da Barberino, intanto, arrivano le dichiarazioni in merito del sindaco Giampiero Mongatti: «Siamo a conoscenza dello stato delle cose. Se dopo gli ultimi ritrovamenti qualcuno verrà scoperto sarò felice. Noi purtroppo da soli non possiamo cambiare la situazione, ma stiamo trattando il problema con la Regione, La Città Metropolitana e FIPSAS (Federazione italiana pesca sportiva). Ne abbiamo parlato anche a margine dell’incontro sull’agricoltura con l’assessore regionale Remaschi, che si occupa di caccia e pesca. Di certo, non possiamo permettere il depauperamento della fauna ittica del lago. A Bilancino c’è un problema reale, effettivo: va affrontato e risolto. Per questo stiamo sollecitando gli enti perché si agisca in campo normativo. Su due fattori si deve puntare: maggiore presidio e sanzioni più dure».  

 

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