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L'intervento di Eric Sadin al Wired Next Fest ci induce a riflettere sulle tecnologie digitali.

Per molti le tecnologie digitali sono fautrici esclusivamente di innovazioni positive, ma i lati negativi? Eric Sadin li elenca uno per uno.

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Eric Sadin, la tirannia dell'individuo Eric Sadin, la tirannia dell'individuo © Foto Paolo Maurizio Insolia
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In quaranta minuti ha dovuto esprimere concetti che avrebbero richiesto un pomeriggio intero, ma alla fine è riuscito a completare il mazzetto di fogli che ogni tanto adocchiava per non perdere il filo del discorso. A ogni ospite era stata concessa mezz'ora di tempo, ma Eric Sadin ha cominciato a parlare dieci minuti dopo l'orario prefissato, e quando lo schermo - spalleggiato dal presentatore del Wired Next Fest – Il futuro della democrazia - ha cominciato a segnalare che era arrivato il momento di concludere, la sua voce si è fatta più veloce e il sudore più copioso. Smilzo, capelli lunghi e arruffati, camicia e jeans; un filosofo francese dall'aria peculiare che con abilità teatrale è riuscito a coinvolgere i presenti nonostante l'uso - scomodo - del cellulare per ascoltare la traduzione. 

Eric Sadin ha enunciato il suo personale disappunto riguardo l’uso massiccio delle tecnologie digitali, che provocherebbero l'appiattimento della vita reale a favore di una vita fasulla, concentrata in un Metaverso che inibisce i contatti umani e le emozioni che essi suscitano: l'essere umano ridotto a un contenitore vuoto, che fa agire un artefatto di sé stesso e detesta relazionarsi in presenza con i suoi simili per un'acquisita insofferenza alla socialità non mediata da un dispositivo elettronico. Per Sadin il pericolo più grande che corre l'umanità è la nascita di una società composta da individui egoisti, abituati - per colpa delle tecnologie - a vedere, e perciò curare, solo il proprio orto. Una società svuotata da ogni forma di mutuo soccorso, dedita al profitto - che sarà sempre più concentrato nelle mani di pochi individui - e con aziende e società ipertecnologiche che preferiranno le precise ed efficienti macchine robotiche agli erranti uomini e donne. 

Sadin non risparmia i social network, secondo lui i massimi responsabili della diffusione del populismo e colpevoli di filtrare informazioni di comodo. "Ma", si chiede il filosofo, "da cosa deriva il populismo, risultato di una generale insofferenza e sfiducia nei confronti delle istituzioni e dell'uomo? Da qui bisogna partire, dal conoscere il motivo per il quale certi fenomeni distruttivi stanno prendendo piede in maniera così incontrollata." Quindi non bollarli come inutili e dannosi, ma vederli come passaggi necessari per arrivare a ristabilire un equilibrio perduto.

Valori comuni e condivisi e nuovi contratti sociali: senza questi fondamenti la società non finirà di essere diseguale, preda di proteste e abitata da tiranni che si credono onnipotenti e al di sopra degli altri. Insomma, una società in disequilibrio che non può fare altro che crollare.

 

 

 

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