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Fuga per la vittoria. La vera storia di una famiglia Ucraina

Enrico Martelloni, conoscitore del mondo Ucraino, ci racconta la passione e la tragedia di un esodo forzato a causa delle bombe di Putin

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Fuga per la vittoria Fuga per la vittoria © Toan Nguyen
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Il cielo di Kyiv ai primi di marzo cambia veloce le sue ombre riflesse sulla terra bruna ancora coperta in parte dalla neve, o da grandi pozze d’acqua che colmano le buche, i fossati, o dalle strade lunghe e diritte che bagnate trasmettono il senso del freddo che avvolge la città semi circondata dal nemico nei giorni di fine inverno.

È la fuga per la vittoria! 
Fuggire da casa nostra non è piacevole. Diventa una necessità quando la ferocia dell’invasore mette in pericolo la vita.
È necessario salvarsi, è istintivo, allora la fuga è salvezza, è la vittoria.
Così si chiamava un film occidentale che ricordo, voi conoscete molto bene: Fuga per la vittoria.
Così come la vittoria era uscire per un breve periodo dalla guerra.

Voglio ricordare che il nome del celebre film, tratta di una partita di calcio giocata tra i prigionieri alleati e i tedeschi occupanti di Parigi nella seconda guerra mondiale.

Quella partita, mai giocata, fu ispirata da un evento veramente accaduto nella città di Kiyv nel 1941 sotto l’occupazione tedesca. Tutto poi fu abbuiato dal potere sovietico, ma l’incontro tra la formazione dell’esercito tedesco e la squadra denominata “Star” dal ex terzino della Dinamo di Kyiv che allora faceva il panettiere con altri atleti della Lokomotiv, seconda squadra di Kyiv era stata disputata allo stadio nazionale. Gli ucraini vinsero anche le rivincite con sonori risultati. La vittoria non provocò nessuna vittoria; chi per un verso chi per un altro in breve tempo i più scomparvero tra gli eventi della guerra per mano tedesca o per quella sovietica.

Ad Igor, però, di tutto ciò importava poco o nulla. Aveva bisogno di salvare la pelle alla sua famiglia. Sapeva ciò che stava accadendo ai civili uccisi nelle imboscate fatte dai russi nonostante avessero scritto su teli bianchi “attenzione siamo civili”. 
Igor, aveva appena terminato il suo servizio di “Teroborona” cioè di difesa del territorio che ogni uomo di Ucraina era in dovere di compiere davanti all’invasore.

Questo servizio, Igor, come altri, lo cominciava dopo il lavoro, cambiando la guardia con alti civili di zona, per coprire tutte le ventiquattro ore di check point, pronto a sparare al primo russo che si fosse affacciato dinanzi. 
Anche i ragazzini si davano d’affare perlustrando le strade e le vie in incognito, segnalando se le bestie avanzavano verso qualche quartiere.

Con Stephan, Igor svolgeva il lavoro aziendale in un altro luogo più sicuro dopo che un razzo aveva distrutto l’edificio principale, mentre il nemico che scendeva da nord ovest aveva colpito duramente i due aeroporti della città. 

Intanto gli elicotteri degli orchi venivano abbattuti sistematicamente vicino ad un campo di aviazione da diporto nella periferia della capitale. Lunghe colonne di fumo si alzavano su Borodianka, nella provincia di Bucha, a Irpin, nelle vicinanze di casa, mentre  al telefono Natalia chiamava in Italia.  

Fin dal giorno del 24 Febbraio 2022, quando, alle quattro del mattino tutto tremava sotto i loro piedi, e sopra, il cielo d’inverno si copriva con macabre scie dei missili che nessuno sapeva dove e a chi sarebbe capitati sulla testa.

Dopo una lunga resistenza e discussioni in famiglia, era stato deciso di lasciare Kyiv. Mancava la benzina. In città non era più facile trovarla e dovettero passare giorni, quando già migliaia di auto si incolonnavano per andare via dalla Città.

C’erano informazioni discordanti su quanti fossero in viaggio verso la Polonia o la Romania, ma il problema degli ingorghi stradali esisteva. Per gli orchi non era difficile farne bersaglio e sulle strade di larga percorrenza si potevano vedere adagiate sul margine del percorso le auto bruciate  colpite dall’ invasore senza pietà.

Igor era d’accordo sul trasferimento della famiglia e aspettava il momento buono e una precisa e completa decisione da parte di sua madre e dalla figlia. Natalia, suocera di Igor, al momento opportuno avvertì in Italia alcuni amici che sarebbero partiti. L’auto aveva il pieno di benzina e finalmente tutto era pronto.

In quattro più il gatto, sarebbero partiti con Igor verso nord ovest, mentre la resistenza si faceva più forte ed organizzata. 
Ma il problema principale erano le lunghe code delle auto e i raid degli aerei che colpivano facili bersagli civili.

Il giorno precedente Igor ricevette un avviso dai suoi amici di non percorrere la via principale verso Zhytomyr a nord ovest di Kyiv. Gli orchi, così vengono chiamati i russi invasori, controllavano la provincia di Bucha ed era pericoloso percorrere quella via principale che portava verso nord.

Così, ai primi di marzo, la famiglia si mise presto in cammino verso sud ovest protetta dalle forze ucraine costeggiando la città di Vinnytsia capoluogo dell’omonima Oblast, dove in epoca sovietica erano stati massacrati circa diecimila contadini tra il 1939 e 40. Una storia drammatica nascosta come tutte le altre compiute dai Moscoviti comunisti dell’Unione Sovietica. Il ritrovamento dei corpi, documentato da forti immagini, era stata per ironia della sorte, compiuto dalla Wermacht in piena ritirata. Nessuno più ne seppe nulla perché per decenni era stato tutto messo a tacere così come tante tragedie compiute in Ucraina. 

Ma continuiamo a raccontare il viaggio di per sé lento, fatto di accorgimenti, deviazioni improvvise del percorso: la strada per la vittoria era lunga. Si trattava infatti di una vittoria per salvare la pelle. Per farlo ci vollero molti giorni per vie secondarie se non di campagna verso nord ovest.

La prima principale meta da raggiungere era la città di Khmelnytskyi, nome del grande Etman dei Cosacchi del XVII secolo, che per primo volle la riunificazione degli slavi, ruteri di Ucraina.

Il viaggio era molto complicato, le notti ancora molto fredde facevano stringere i cuori con un grande senso di unità. lo credo era freddo! Si dormiva dove era possibile, ospitati da sconosciuti, o in luoghi indicati da questi su materassi gettati per terra sul pavimento delle case. Il cibo non mancava.

Percorrere tanta strada verso il nord al confine con l’Ungheria, era non facile, almeno fino ad un paese vicino a Chernivtsi, dove era stato deciso che Igor gli avrebbe lasciati per tornare a combattere. Nella cittadina, la famiglia di Igor trovò conforto in una casa di una amica che lavorava in Italia.

Separarsi, non è semplice. Non in tempi normali, non certamente in tempi di guerra dove l’invasore stava compiendo atrocità.
Igor, da buon soldato quale era ed è, non aveva nessun dubbio di quale fosse il suo dovere. Eppure il commiato fu sincero e intenso. Da lì in poi altri amici avrebbero accompagnato le “ragazze”, come Igor con un velo di ironia chiamava le donne della sua famiglia.

Nella nuova città le “ragazze” attesero il cambio della guardia. Il sostegno fino al confine arrivò alcuni giorni dopo dal padre di Svetlana, la figlia di Natalia, e moglie di Igor. Perché sì, Natalia era divorziata da Dimitry ex ufficiale dell’esercito sovietico. La formazione femminile dunque era per ricordare così composta: Natalia suocera di Igor, Svetlana, moglie di Igor, la figlia Oxana, e Anna, medico in pensione madre di Igor. Così tutta al completo e con altre due amiche aggiunte nel percorso erano arrivate sul confine ungherese senza troppi problemi con alle spalle un funerale di un ragazzo vittima dei combattimenti parente o conoscente dell’ospite di casa. 

Era una giornata di sole, anzi un pomeriggio, quando sull’altra parte del confine, gli amici d Natalia accolsero il gruppo che proseguì per l’Italia. Oggi può non sembrare più nulla di eccezionale e raccontare questa storia, può apparire inutile.
Ma è una storia vera, una delle tante, non certo la più drammatica, di un esodo fatto da milioni di persone che si sono dovute scomodare per uscire da casa propria perché un giorno un popolo ha seguito un gruppo di criminali con il loro capo nell’invasione dell’Ucraina spargendo morte e distruzione come ai tempi del Kan.

In Italia per alcuni è un gioco di geopolitica, altri nascondono il timore del crollo dello status quo ante, che manteneva quella profonda organizzazione di corruzione che si antepone ai principi di libertà e rispetto non solo della sovranità Ucraina, condita di sciocchezze e ipocrite paure di una nuova guerra mondiale. 

Autore: Enrico Martelloni

 

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