Gigli - immagine di repertorio © N. c.
Il conto alla rovescia per Ferragosto è iniziato, ma quest’anno al centro commerciale I Gigli di Campi Bisenzio la festa rischia di trasformarsi in una giornata di tensione. Le lavoratrici e i lavoratori di ogni settore – dal retail alla ristorazione, dal turistico ai servizi – hanno proclamato sciopero per l’intera giornata del 15 agosto. Nel mirino c’è la decisione della direzione di tenere aperto il polo, una scelta giudicata «inaccettabile» perché, dicono, «pensa solo al profitto e ignora la dignità di chi lavora». La mobilitazione non nasce dal nulla. Da tempo i dipendenti contestano la politica delle aperture festive di grandi strutture commerciali, ritenute prive di un reale beneficio economico. «Non generano vendite aggiuntive né nuova occupazione» – spiegano i rappresentanti sindacali – «alimentano semmai precarietà e turni spezzati».
Ferragosto ha un valore simbolico elevato: è la ricorrenza in cui l’Italia, tradizionalmente, si ferma per concedersi una pausa in famiglia o con gli amici. «La festa non si vende» è lo slogan che fa da filo conduttore alla protesta e che mette in luce un conflitto etico, prima ancora che economico.
Ad arroventare gli animi arriva il caso OVS, marchio storico dell’abbigliamento, che – secondo i sindacati – ha licenziato «senza giustificato motivo» una dipendente proprio all’interno del centro. Un episodio definito «grave e indicativo del clima che si respira nei reparti»: per le sigle di categoria, «il provvedimento dimostra che la logica del profitto prevale ormai su ogni considerazione umana». Il licenziamento ha reso la mobilitazione «ancora più significativa», fungendo da detonatore per uno scontento covato da tempo.
Sul territorio, la vertenza assume un rilievo particolare: I Gigli è una delle principali realtà commerciali della Toscana, oltre 130 insegne che attirano visitatori da Firenze, Prato, Pistoia e dall’intero bacino del Mugello. A Ferragosto le gallerie si popolano spesso di turisti e residenti in cerca di aria condizionata e saldi di fine stagione. La direzione difende la scelta di aprire invocando la «funzione aggregativa e sociale» del centro commerciale, ma per chi indossa la divisa dietro al banco o alla cassa il richiamo appare poco credibile: «Se davvero lo scopo fosse sociale» – ribattono i dipendenti – «si rispetterebbero le festività, lasciando alle persone la libertà di trascorrerle in famiglia».
Il cuore della protesta si concentra su tre nodi principali. Primo, la dignità del lavoro: turni festivi forzati e riposi difficilmente recuperabili pesano sul benessere psicofisico del personale. Secondo, la precarietà contrattuale: proprio nelle giornate ad alta affluenza, molte aziende ricorrono a contratti a chiamata o a somministrazione, estremamente flessibili per la parte datoriale ma instabili per chi li firma. Terzo, la tutela dei diritti collettivi: in assenza di un contratto aziendale che disciplini le aperture straordinarie, la decisione di lavorare o meno a Ferragosto ricade interamente su chi ha minori margini di contrattazione.
I sindacati locali – Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs – hanno già inviato la comunicazione formale di astensione dal lavoro. La mobilitazione coinvolgerà «tutte le attività economiche, nessuna esclusa». Sarà dunque impossibile, salvo adesioni individuali, fare shopping, mangiare o usufruire dei servizi interni. «Siamo consapevoli del disagio per i clienti, ma riteniamo che il rispetto dei diritti non possa essere sacrificato sull’altare delle vendite estive» dichiara una delegata Filcams.
Alcuni esercenti in franchising – parrucchieri, ottici e ristoratori in primis – temono ripercussioni sul fatturato, ma una parte di loro guarda con simpatia alla protesta: «Tenere aperto il 15 agosto significa costi aggiuntivi per personale, utenze e sicurezza a fronte di un’incognita sulle reali entrate» fa notare il titolare di un bar del boulevard centrale. «Se si aggiunge il malcontento dei dipendenti, la decisione di restare aperti appare quanto meno discutibile».
Parallelamente, la vicenda accende il dibattito politico. Il Comune di Campi Bisenzio – storicamente sensibile alle questioni occupazionali – osserva l’evolversi della situazione, mentre in Regione Toscana alcune forze di maggioranza chiedono un tavolo di confronto per definire «regole chiare» sulle aperture festive. «Serve un patto non imposto dall’alto», sostengono, «che concili le esigenze d’impresa con il diritto al riposo».
Chi si prepara a visitare il centro il 15 agosto rischia dunque di trovare saracinesche abbassate e luci spente. La protesta potrebbe non limitarsi a quella singola giornata: i lavoratori minacciano «ulteriori iniziative» se non verrà aperto un dialogo serio sui turni festivi.
Al momento, la proprietà dei Gigli non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito allo sciopero né al licenziamento in OVS. Fonti interne però fanno sapere che «si stanno valutando le ricadute sul servizio al pubblico», lasciando intendere che si tenterà di garantire comunque un presidio minimo. Il rischio per l’immagine del polo, tuttavia, è concreto: negli ultimi anni la sensibilità dei consumatori verso le condizioni di lavoro è cresciuta, e campagne social di boicottaggio si propagano in poche ore.
Nel frattempo, nei reparti del maxi centro toscano si respira un’atmosfera di solidarietà trasversale. Addetti alla vendita, magazzinieri, addetti alle pulizie e alla sicurezza si scambiano volantini e pettorine rosse. «La festa non si vende» – recita la scritta in caratteri cubitali – «Scegliamo i diritti, non il profitto». Uno slogan che sintetizza la battaglia di chi chiede che la festività più social dell’estate non diventi l’ennesima vetrina di consumismo obbligato.
Con i riflettori puntati sul 15 agosto, la vertenza dei Gigli potrebbe trasformarsi in un caso-scuola a livello nazionale, rilanciando il tema – mai risolto – della regolamentazione delle aperture domenicali e festive. Se la direzione dovesse fare marcia indietro, sarebbe un segnale forte per tutto il comparto; se invece terrà il punto, il confronto rischia di irrigidirsi e di trascinarsi oltre Ferragosto, con ricadute economiche e d’immagine difficili da calcolare oggi.
Per i visitatori abituali, un consiglio pratico: verificare con anticipo lo stato dello sciopero e valutare alternative di svago. Per i lavoratori, la partita si gioca sul terreno dei diritti, della qualità della vita e della dignità professionale. In palio c’è la definizione di un equilibrio tra commercio e tempo libero che, a distanza di oltre dieci anni dalla liberalizzazione degli orari, continua a dividere il Paese.
In ultima analisi, il braccio di ferro ai Gigli si colloca dentro la discussione più ampia sul modello di sviluppo dei grandi centri commerciali e sul prezzo umano che esso comporta. Ferragosto 2025 sarà dunque un banco di prova cruciale: se prevarranno le ragioni del lavoro o quelle del profitto lo dirà la partecipazione allo sciopero e la risposta – politica e aziendale – che seguirà. Quel che è certo è che la battaglia dei dipendenti toscani rimette al centro un tema tanto semplice quanto potente: il valore del tempo, della festa e della dignità di chi, dietro ogni acquisto, mette a disposizione la propria vita.


