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Le istituzioni locali esprimono il loro cordoglio per la morte di Mirabelli

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Le istituzioni locali esprimono il loro cordoglio per la morte di Mirabelli Le istituzioni locali esprimono il loro cordoglio per la morte di Mirabelli © n.c.
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La morte sul lavoro di Pietro Mirabelli, 54 anni, calabrese originario di Pagliarelle, in provincia di Crotone, minatore specializzato, che aveva lavorato nel cantiere dell’Alta Velocità ferroviaria tra Firenze e Bologna, in Mugello, anche come responsabile della sicurezza, ha suscitato un forte rammarico anche nelle nostre istituzioni locali. Dopo la lettera di Simona Baldanzi, riceviamo e pubblichiamo le parole di altre persone ed istituzioni che si uniscono nel ricordo. Il presidente Tagliaferri della Comunità Montana Mugello esprime il cordoglio delle istituzioni mugellane: “Il territorio del Mugello si associa al dolore della famiglia per la scomparsa di un lavoratore che ha operato per molti anni nei cantieri dell’Alta Velocità, avendo a cuore la sicurezza e la tutela dei lavoratori. Mirabelli ha sempre sollecitato le istituzioni e la società civile a non abbassare mai la guardia sui problemi e i pericoli nei cantieri delle grandi opere. Di questo e dei diritti dei lavoratori, e delle loro famiglie, aveva fatto la sua personale battaglia”. Anche il Gruppo Consiliare Provinciale del PRC/PdCI/SpC si uniscono al cordoglio: “La notizia della morte di Pietro Mirabelli ci ha lasciato senza parole, lo sconforto si mischia alla rabbia. Lo conoscemmo 11 anni fa, in Mugello, quando le nostre lotte iniziarono a intrecciarsi, noi contrari alla realizzazione dell’Alta Velocità, lui paladino dei diritti dei lavoratori di quell’opera, è morto stanotte in galleria in Svizzera. Un masso si è staccato dal fronte mentre una squadra lavorava con il “jumbo”. È morto in ospedale nel Canton Ticino per troppe lesioni interne. Uniti nella comune lotta alla critica di un modello di sviluppo imperniato sullo sfruttamento, delle risorse ambientali, come della forza lavoro e dei diritti dei lavoratori. Come Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza nei cantieri del Cavet, in Mugello, si è battuto per rompere quel muro di silenzio che circondava i lavoratori della TAV, denunciando le dure condizioni, i rischi ai quali erano sottoposti, il continuo ripetersi di incidenti taciuti o troppo presto dimenticati, ricordando in ogni occasione che dietro allo sfarzo tecnologico di quella grande opera c’era la fatica e il sacrificio di chi lavorava sotto terra, nel fango, rischiando quotidianamente la propria vita per portare a casa un misero stipendio. Con orgoglio ha portato avanti la propria attività impegnandosi per far comprendere ai suoi colleghi l’importanza del rispetto delle norme sulla sicurezza e per diffondere una coscienza collettiva di rivendicazione dei diritti. Lui che da sempre si è battuto per la sicurezza sui luoghi di lavoro, lui che ha fatto della difesa e della lotta per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori la propria bandiera, lui che ha gridato l’ingiustizia dello sfruttamento, l’inaccettabile vergogna delle morti bianche è morto sul lavoro, scavando l’ennesima galleria in un cantiere del Canton Ticino a migliaia di chilometri di distanza dal suo paese e dalla sua famiglia, vittima di quei pericoli evitabili, di quella mancanza di sicurezza che da anni denunciava. Diceva che il lavoro di minatore, il suo lavoro, non si sceglie per piacere ma per dura necessità, diceva che non si sceglie di rischiare ogni giorno la vita, e che in generale “ il potere di decidere sulla propria vita non appartiene al lavoratore” . Nel suo paese, Pagliarelle, frazione di Petilia Policastro, in provincia di Crotone, uno dei luoghi di maggiore emigrazione in Italia, si era impegnato per far erigere un monumento ai caduti sul lavoro. Non era il monumento in sé che lo interessava ma la volontà di fare in modo che nessuno dimenticasse quelle morti tanto drammatiche quanto ingiuste e intollerabili che l’impegno da parte delle istituzioni tutte a combattere fino in fondo la battaglia della sicurezza sul lavoro. Pietro è stato, e continuerà ad essere, un punto di riferimento per tutti quei lavoratori che vivono la realtà dello sfruttamento e del ricatto, della vita messa in gioco quotidianamente in cambio di quei pochi euro che servono per campare. Pietro aveva ragione: non è possibile morire di lavoro e non è accettabile la rassegnazione e le complici connivenze di quanti rimandano queste morti alla semplice fatalità. In questo triste momento esprimiamo il nostro profondo dolore e ci stringiamo ai familiari, agli amici, ai colleghi e ai compagni di questo grande uomo. Ciao Pietro!

Firenze lì 23 settembre 2010

Andrea Calò, Lorenzo Verdi, Riccardo Seghezzi”

 

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Commenti 1
  • Aldo Giovannini

    Conobbi Pietro Mirabelli all'interno della galleria di Vaglia, circa dieci anni orsono, quando venne festeggiata la patrona Santa Barbara. Sapendo che scrivevo su un giornale locale mi chiese di ricordare le condizioni in cui lavoravano i suoi colleghi operai. Il suo tono era calmo, sereno, ma fermo, deciso. Mi rest impresso poich nel suo animo non c'era odio o astio, ma solamente la volont di proseguire su una buona e giusta causa per la dignit di tutti i lavoratori.Bench il riucorodo nel tempo si sia stemperato, la sua morte sul lavoro mi rattrista molto. Un mesto ruicorodo verso un bravo ragazzo e un ottimo operaio. Aldo Giovanninmi (Borgo San Lorenzo)

    rispondi a Aldo Giovannini
    ven 24 settembre 2010 08:29