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Mostro di Firenze, il magistrato Giuliano Mignini: "Ho chiesto la sospensione del programma di Rai Due, troppi errori ed omissioni

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Mostro di Firenze, il magistrato Giuliano Mignini: "Ho chiesto la sospensione del programma di Rai Due, troppi errori ed omissioni Mostro di Firenze, il magistrato Giuliano Mignini: "Ho chiesto la sospensione del programma di Rai Due, troppi errori ed omissioni
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Lo scorso giovedì 9 dicembre è andato in onda un programma sulla vicenda del cosiddetto “Mostro di Firenze e omicidio Narducci” ad opera di RAI 2, in prima serata.

E’ difficile che in un unico programma televisivo possano racchiudersi tante bugie, bugie consapevolmente sostenute da soggetti che debbono essere stati, invece, pienamente consapevoli della realtà delle cose, ma portati a mentire sistematicamente in questa vicenda per un'incoercibile pulsione volta a negare i fatti o a deformarli in modo da farli apparire veri, il tutto al fine di seppellire di nuovo una vicenda criminale gravissima, la più grave mai avvenuta in Italia e i conseguenti, gravissimi delitti perpetrati per occultare le responsabilità di quella terribile sequenza criminale nonché i personaggi che ne sono coinvolti;

Si tratta di una fatica sprecata, perché, ormai, i fatti principali sono emersi in modo inequivocabile. Nella congerie di falsità in cui si è distinta la trasmissione per cui ho chiesto alla RAI la rettifica e, nel frattempo, la sospensione del programma, con riserva di ogni azione contro i responsabili, due soprattutto sono le affermazioni che mi hanno colpito.

Uno è il passaggio relativo al “proscioglimento” degli imputati del procedimento n. 2782/05/21 RGNR Procura Perugia, in cui il giornalista Pino Rinaldi, dopo aver sottolineato con enfasi il proscioglimento, si “dimentica” di aggiungere che quella sentenza fu da me impugnata presso la III Sezione della Corte di Cassazione che annullò, con rinvio o senza rinvio (per intervenuta prescrizione) tutta la sentenza, meno la statuizione relativa al capo I). La sentenza è stata emessa il 21 marzo 2013 dalla Terza Sezione della Cassazione (si tratta della n. 865/13). E il Rinaldi dovrebbe ben saperlo perché era uno degli imputati di quel procedimento (relativamente al capo 5) che beneficiò della prescrizione, a causa dei gravissimi ritardi in cui era incorso il GUP.

Nonostante la sentenza della Corte Suprema, il giornalista e i suoi “amici” continuano a ignorarla e a far credere che la sentenza Micheli sia ancora in vigore. Sono passati otto anni, ma tutto questo ambiente continua ad ignorare l’annullamento e a far credere come esistente una sentenza, quella del GUP, che ormai non esiste più, se non per il capo 1), a fronte degli altri 19 che sono stati annullati. 

L’altro punto, di una gravità eccezionale e, anch’esso, dal contenuto pesantemente diffamatorio, anzi ancora più diffamatorio del precedente, è il fatto che io avrei seguito le “indicazioni” della giornalista Gabriella Pasquali Carlizzi, deceduta alcuni anni fa, soprattutto nell’ormai accertata gestione di un “doppio cadavere” che la mattina della domenica 13 ottobre 1985, fu spacciato per quello del gastroenterologo Francesco Narducci, mentre si trattava, verosimilmente, del cadavere di un trafficante di droga messicano.

Il fatto emerse invece dall’accertamento autoptico ex art. 360 c.p.p. che dovetti ordinare perché quel 13 ottobre 1985 le autorità presenti sul pontile di Sant’Arcangelo del Trasimeno, poi coinvolte nel procedimento n. 2782/05/21, omisero qualsivoglia accertamento su quel cadavere e in particolare l’autopsia, per la impellente necessità di attribuire falsamente il cadavere ripescato al Narducci, morto per strozzamento e simularne l’annegamento.

L’accertata incompatibilità tra il cadavere del Narduccie quello ripescato il 13 ottobre 1985 è stata poi confermata da ben quattro CC.TT. ex art. 359 c.p.p., l’ultima delle quali del RIS CC. di Parma. La sconcertante attribuzione del “merito” di tale scoperta alla signora Pasquali Carlizzi è stata sostenuta, in particolare, dal Rinaldi, ma soprattutto dal magistrato fiorentino Piero Tony che si era occupato del processo d’appello dei “compagni di merende” e non ha mai trattato il procedimento Narducci, sul quale ha preteso di emettere giudizi privi di qualunque fondamento e senza conoscere​ una virgola degli atti ai quali è stato assolutamente estraneo.

Giuliano Mignini

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