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I racconti della mountain bike di Pasquetta

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I racconti della mountain bike di Pasquetta I racconti della mountain bike di Pasquetta © n.c.
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Non esiste il tempo inclemente, ma solamente ciclisti più o meno arrendevoli. Questa frase che mi è stata suggerita un giorno da un carissimo amico che, nonostante la pioggia insistente, decise con me di continuare a pedalare, mentre gli altri facevano rapidamente rientro verso casa, è una delle frasi più belle che un ciclista possa decantare. Un po’ come la frase da cult movie “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” o altre epiche frasi ormai rimaste scolpite nella mente di ognuno di noi. Perché quel giorno, quel lunedì di Pasquetta, nonostante il meteo avesse ben previsto pioggia, quel simpatico gruppo di ragazzacci, decise comunque di uscire per una delle classiche annuali che li vedeva a prendere il caffè in Piazza della Repubblica a Firenze. Tradizionalisti ne ho conosciuti tanti, ma come quel gruppo di biker, veramente pochi. Tradizionalisti, ma forti e difficilmente impensieribili da una previsione malevola, tant’è che quella mattina si presentarono all’appuntamento in una decina. “Quella sporca decina” si mosse verso Firenze di buon passo, in un crescendo ritmico che li portò a da Polcanto al Passo delle Croci a ritmi davvero elevati, tanto che in un trenino di 3 arrivammo al passo come in una delle migliori volate da cardiopalma. Ma la pioggia incessante comportò una revisione del programma in quanto raggiungere Firenze completamente fradici sarebbe stato oltremodo sacrificante. Il Capitano decise quindi di deviare verso Pratolino per un caffè e per decidere il da farsi. Il Presidente invece, forse provato dalla fatica della volata alle Croci, o forse provato dall’agnello mangiato il giorno prima, emetteva sonorità complesse di rara ed inconsueta tonalità. Mi venne da pensare che più che un agnello, il povero Presidente si fosse mangiato un dinosauro, evidentemente ancora vivo e che dal profondo del suo stomaco emettesse profondi richiami d’aiuto. Il rituale caffè alla Giubbe Rosse di Firenze, fu preso in un più anonimo bar di Pratolino, sempre allietati però dalle melodie provenienti da remoti meandri gastro intestinali del nostro eroe. Ma la pioggia aveva spento anche gli animi più tenaci del gruppo che rimontato in sella, decise mestamente un rientro verso casa. Provai a proporre variazioni sul tema, ma non fui preso nemmeno in considerazione da chi aveva le mani congelate, da chi aveva i piedi freddi e da chi doveva riportare a casa il dinosauro. Ci muovemmo alla volta di Vaglia, lungo le discese della valle del Carza, con il freddo che arrivava a morderti fino nelle ossa. Ma a Vaglia, conoscendo la scelleratezza di alcuni, rincarai la dose, proponendo un rientro da Poggio agli Uccellini, infrapponendo fra noi e casa, una bella salita molto impegnativa che sicuramente ci avrebbe riscaldato a dovere. Unici impavidi eroi a seguirmi, il Gallo, lo Scout ed il Colonnello. La salita vide il gruppo dividersi ulterioremente, con il Gallo che con i suoi allunghi irrefrenabili mi prese un po’ di metri, mentre lo scout ed il Colonnello, vennero su di passo un po’ più tranquillo. Tornando indietro a riprenderli, trovammo uno scout molto euforico, entusiasta della scelta di seguire questa variante, felice di far parte di quelli che non si arrendono, ma anche abbastanza provato fisicamente, tanto che il suo irrefrenabile chiacchierare evidenziava il suo feroce ansimare. Arrivati in vetta insieme infatti l’appannamento prese il sopravvento sulla ragione, comportando una feroce pinzata con relativo cappottamento in avanti, gran botta per terra con sbrano dei pantaloncini e violenta testata contro la mia bicicletta. Rimanemmo tutti completamente esterefatti dall’accaduto, più di tutti lo stesso scout che si vide costretto a tornare a casa com mezzo sedere all’aria. Ma siccome non c’era bastata, proposi al Gallo di continuare verso Monte Senario su per gl’impervi sentieri resi ancor più tosti dalla pioggia e dal fango. Il Gallo si sa, non si tira mai indietro dalle proposte indecenti, per cui sapevo benissimo che la mia sarebbe stata una chiara domanda retorica. Lo scout ed il Colonnello invece, preferirono tornare verso casa, senza allungare ulteriormente il giro. Iniziammo una delle più ripide salite della zona, con lastroni talmente viscidi da farci più volte scivolare vistosamente le ruote. Arrivammo comunque al Santuario in molto meno tempo del previsto, il che ci consentì, una volta scesi a Mulinaccio, di deviare per le Salaiole e poi per le Forche del Diavolo, altra salita “birbona”, dove il Gallo riuscì a compiere evoluzioni fenomenali, fino ad un cappottamento all’indietro… mah… La pioggia continuava a non darci tregua, ma ormai eravamo arrivati, ultima discesa e poi a casa. Alla fine circa 54 km e poco meno di 1600 metri di dislivello. Firenze mancata, ma divertimento assicurato. Buona Pasquetta.  

 

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