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Riflessioni sul Natale. Festa dalle radici profonde che parla a tutti gli uomini

Rievoca dimensioni dimenticate e parla un linguaggio del quale abbiamo smarrito l'alfabeto, ma del quale la nostra anima è depositaria

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Natale e presepe Natale e presepe © Pixabay
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Una riflessione di Alfredo Altieri - Qualche giorno fa su un giornale fiorentino è apparso un articolo che metteva in luce, secondo lo scrivente, come vengono vissute, spesso, le Feste Natalizie: il peso di ritrovarsi con i parenti, le abbuffate a tavola, la ricerca forzata dei regali e via dicendo. Non c'è dubbio che alcune persone vivono il Natale in tal maniera o con insofferenza ma, fortunatamente, esiste il rovescio della medaglia: di chi ha la gioia di ritrovarsi in famiglia, l'emozione di fare il presepe e l'albero con i figli, trovarsi di nuovo con persone care che abitano lontano, lo scambio dei doni in segno di amore e amicizia e con la consapevolezza che, prima di tutto, il Natale è rivelazione. Mai l'uomo avrebbe conosciuto Dio, se Dio non avesse voluto rivelarsi.

Nessuna festa come il Natale coinvolge la cristianità con la sua atmosfera magica e il suo fascino, nonostante il consumismo stia distruggendo, in parte, il significato vero di questo evento. Una festa che ricorda la nascita di Gesù, che nella cristianità occidentale cade il 25 dicembre, mentre in quella orientale viene celebrata il 6 gennaio.

Ma al di là del significato storico e del ricordo di un Salvatore venuto sulla terra duemila anni fa, questa festa continua a coinvolgere perché ha radici profonde che rievocano dimensioni dimenticate e parla un linguaggio del quale abbiamo smarrito l'alfabeto, ma del quale la nostra anima è depositaria. E in questo senso il Natale non appartiene soltanto alla cristianità, ma a tutti gli uomini, perché ha un significato universale.

Nella narrazione della nascita ci sono “segni” che colpiscono o che fanno riflettere: Un “segno” importante è dato dai pastori, sono loro i primi a essere chiamati a partecipare al mistero della grotta ed è come dire, che per avvertire la presenza del divino, occorre avere un cuore fresco e puro, pronto con un atto di fede spontaneo ad accogliere l'Annunciazione. Il pastore è un uomo semplice che non ha preconcetti culturali. Perciò sono gli umili e gli emarginati, e i pastori erano quasi reietti nella società del tempo, che vengono scelti per ogni rivelazione, perché l'occhio può vedere solo in virtù del cuore.

Un altra presenza particolare è data dal bue e l'asinello. Il Vangelo non parla di animali vicini alla mangiatoria di Betlhem, ma la presenza del bue e dell'asino presso la culla di Gesù è in un vangelo apocrifo dove si legge: “Tre giorni dopo la nascita del Signore nostro Gesù, Maria uscì dalla grotta e entrò nella stalla, depose il bambino in una mangiatoia ove il bue e l'asino l'adorarono”. Da questo passo ha avuto origine la convinzione che nella grotta di Betlhem fossero presenti questi due animali e nel Natale del 1223, San Francesco li pose nel suo primo presepe realizzato a Greggio.

L'augurio è quello di ripensare al Natale come un'occasione per riflettere, per poi poter affrontare le tante prove e avversità giornaliere, se possibile, con spirito positivo. Buon Natale!
Alfredo Altieri

 

 

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