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Salvini a Firenze: «Renzi? A casa». E si candida a Premier

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Salvini a Firenze: «Renzi? A casa». E si candida a Premier Salvini a Firenze: «Renzi? A casa». E si candida a Premier © n.c.
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Il Pd «è un partito vergognoso», e il 4 dicembre è «l’occasione giusta per mandare a casa Renzi». Così un agguerrito Matteo Salvini sul palco di Santa Croce, nella manifestazione per il No al Referendum di oggi pomeriggio. Fiancheggiato da Giovanni Toti, Roberto Maroni, e Giorgia Meloni, ma pure da tanti sindaci e dirigenti del centrodestra, ha lanciato la propria candidatura alla presidenza del consiglio, auspicando che, dopo il No al Referendum, gli elettori siano chiamati presto alle urne. Assenti i 5Stelle – che hanno declinato l’invito – tutto è filato senza disordini. Anche se una manifestazione antileghista di 300 persone è arrivata fino in piazza dei Ciompi, a due passi. «La lezione di Trump e del libero voto degli americani - ha scandito Salvini - è che si può vincere contro tutto e contro tutti: banchieri, lobbisti, giornalisti e cantanti». E poi: «Se il voto sulla Brexit e il voto degli Stati Uniti ci insegnano qualcosa, è che non bisogna avere paura. Io la faccia ce la metto. E se voi siete d’accordo con oggi si parte per andare a vincere. Io non ho paura di niente e di nessuno». Davanti una folla composita, dove pure non mancavano volti giovani (secondo le stime sarebbero almeno 15mila le presenze), Giorgia Meloni non si è risparmiata. «Siamo dei miserabili – ha cominciato – Dei miserabili come quelli che non hanno votato la Clinton. Questa è la democrazia. Se non voti per loro, per una signora che si fa finanziare dalle dittature mediorientali, la democrazia non va più bene. Alla sinistra fa ribrezzo il popolo. Noi siamo dall’altra parte, siamo i populisti, sì, cioè quelli che stanno dalla parte delle persone. E tra noi e loro c’è uno scontro aperto». Quale? «Lo scontro sulla globalizzazione, che se non governata e disciplinata non porta affatto benessere, ma povertà. Sempre a favore del grande capitalismo finanziario». Poi la stoccata: «Così come la Clinton andava a braccetto con i poteri del Capitale, Renzi non è da meno. Faccio l’esempio di Marchionne. Che chiude stabilimenti in Italia e licenzia, sposta la sede fiscale della Fiat a Londra e quella legale in Olanda, poi paga le tasse in svizzera». E sulla riforma: «La Boschi ci dice che non abbiamo argomenti, be’, venga a discuterne e saprà di essersi sbagliata. Vogliono ridurre il voto democratico». Per Giovanni Toti, «da questa città è iniziata una pagina non bella della storia italiana, ma è il momento di cambiare con un No a un lavoro pasticciato», e per Roberto Maroni «quello che si andrà a costituire non è un Senato federale ma una presa in giro che non rappresenta assolutamente i territori ma al contempo va a rafforzare il centralismo dello Stato». Sull’immigrazione parole dure, ancora dalla Meloni: «Quelli che vengono non sono profughi, smettiamola con questa favoletta. Solo il 10% risulta esserlo. La maggior parete sono dei clandestini che vengono qui per farsi sfruttare da grandi imprenditori e cooperative, che poi finanziano partiti governativi». Non solo: «I soldi che destiniamo all’accoglienza non sono dell’Ue, è falso, oltre 2 miliardi vengono dalle casse dello Stato, questo c'è scritto nel Def di Renzi». E Salvini: «Ringrazio chi oggi è venuto dalle Marche e dall’Umbria. Il Presidente Renzi non deve permettersi di far passare in secondo piano queste persone perché negli alberghi e nelle case devono stare altri. Prima vengono le necessità degli italiani». Pesante l’affondo del leader del Carroccio sul presidente Mattarella: «Se vince il no si va a votare, se vince il no scelgono i cittadini e non Mattarella. Chi è Mattarella? Con la riforma che faremo noi ci sarà l'elezione diretta del presidente del Consiglio, e manderemo in soffitta il presidente della Repubblica che non serve a niente». Su Renzi, in conclusione: «Domani lo denunceremo perché comprarsi gli indirizzi di milioni di italiani residenti all'estero per mandargli la letterina elettorale è un reato penale a cui dovrà rispondere davanti a qualche giudice. I brogli elettorali prima del voto non li avevo ancora conosciuti. O paga Renzi o paga il ministro dell'Interno. Oppure vanno in galera tutti e due. Quando li abbiamo chiesti noi del No, gli indirizzi, ci hanno detto che non si poteva per questioni di privacy. Ma per il Sì questo non vale». La piazza applaude. C’è sfiducia in quasi 3 anni di Renzi (si vedono striscioni del tipo: «Renzi = Pinocchio nei paesi dei balocchi»; e «Ape = la pensione con il cappio al collo»), e c’è la tensione per un clima elettorale rovente, dove nel migliore dei casi non si riuscirà ad andare oltre le logiche partitiche. Non c’è solo «rabbia», però. E quando arriva la sera, e Santa Croce si svuota, tra i partecipanti si sente dire: «Non ci manderanno più a votare, non vogliono. E allora noi dobbiamo mandarli a casa per primi».

 

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