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Toscana fragilissima e sott'acqua. Prosegue però la novella dei cambiamenti climatici

A quando gli investimenti in opere per mitigare i fenomeni e rimediare alla cementificazione selvaggia?

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Campi Bisenzio ieri Campi Bisenzio ieri © Paolo Gandola
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Senza girarci troppo intorno, dobbiamo dire che siamo davvero nauseati dalla tiritera degli "eventi estremi" dovuti ai "cambiamenti climatici" che puntualmente vengono usati come giustificazione, insieme alla cronaca della Toscana finita sott'acqua.

Così come Ponzio Pilato si lavò le mani chiedendo al popolo chi volesse salvo tra Gesù Cristo e Barabba, allo stesso modo gli amministratori di ogni colore, ordine e grado si lavano le mani di fronte all'acqua che invade cantine, garage e case, travolgendo nuovamente Campi Bisenzio e Montemurlo, già devastate dall'alluvione del 2 novembre 2023.

Eppure l'onnipresente (anche sui social) e rassicurante Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che in quanto a stare "sul pezzo" non ha eguali, dopo aver passato la domenica a fare la cronaca in diretta sui social con tanto di foto, video e proiezioni radar, idrometriche e pluviometriche, monitorando minuto per minuto il passaggio della forte perturbazione sulla Toscana, che ha lasciato dietro di sé disagi e danni, pare non aver colto il vero fulcro del problema.

È inutile guardare il cielo, allargare le braccia, invocare Giove Pluvio e testimoniare la propria solidarietà a chi, a distanza di dieci mesi, deve ancora togliere il fango da casa, raccontando che gli eventi sono estremi e dovuti ai cambiamenti climatici, se non si comprende — oggi come ieri — che tutto ciò che succede, è successo e succederà ancora nella piana fra Firenze, Prato e Pistoia è solo il frutto di scelte scellerate della politica. Non solo non si è investito un euro in prevenzione, ma in trent'anni si è distrutto un territorio, violentando quello che era un padule (i toponimi dell'area dovrebbero suggerire qualcosa a Giani, che ama molto la storia) con impermeabilizzazione del suolo e cementificazioni selvagge che hanno stravolto l'area, rendendola fragilissima e vulnerabile.

Una realtà che ho ampiamente raccontato con dati concreti all'indomani della terribile alluvione di Campi Bisenzio, con più di un approfondimento sia sul consumo di suolo nell'area (uno dei più compromessi in pochi anni in Italia) che sulla demografia, oltre a trattare la quantità di pioggia realmente caduta durante quegli eventi definiti "estremi" e sulla fragilità del territorio italiano.

Per chi volesse leggere:
Firenze: Consumo del suolo in Toscana. Uno sguardo dettagliato al nostro territorio (okfirenze.com)
Firenze: Il boom demografico che uccide il suolo (okfirenze.com)
Firenze: Cosa succede alla linea ferroviaria Faentina? E se le colpe fossero nella mancata prevenzione? (okfirenze.com)

Mettiamo un po' di birilli in fila, dicendo senza rischio di essere smentiti che la realtà è che l'Italia è fragilissima, anche per la sua conformazione geografica, e che la consapevolezza non appartiene ai nostri politici.
Eppure basta solo leggere i numeri: se lo faccio io, che la matematica l'ho sempre masticata poco, lo possono fare tutti i nostri amministratori di ogni ordine e grado.

L'Italia è quasi totalmente a rischio idrogeologico a causa di cementificazione, condoni edilizi, burocrazia, speculazioni, consumo e impermeabilizzazione del territorio, e devastazione del paesaggio.
Tutte cose che hanno poco a che fare con i neologismi "eventi estremi" e "cambiamenti climatici", ma molto con una politica criminale che ha ucciso migliaia di persone.

Stando a un dossier presentato da Legambiente, che si rifà ai dati Ispra, 5581 comuni italiani, il 70% del totale, sono a rischio elevato.
Il 100% del territorio di Calabria, Umbria e Valle d’Aosta è in analoga condizione, nelle Marche il 99% e in Toscana il 98%.

Il dossier “Ecosistema Rischio” curato da Francesca Ottaviani e Giorgio Zampetti, con la collaborazione di Stefano Mattoccia e Andrea Minutolo del 2016, è purtroppo attualissimo (magari per difetto) e offre un quadro esaustivo ma sconcertante, elaborando i dati di esposizione al rischio frane e idraulico nei comuni italiani e monitorando nel dettaglio le attività volte alla mitigazione del rischio attuate dalle amministrazioni comunali, nei cui territori sono presenti aree esposte a pericolo di frane, esondazioni e allagamenti.

La parte d'indagine relativa alle amministrazioni, da sottolineare, è stata rilevata sulla base delle risposte fornite dalle amministrazioni stesse presenti in aree a “elevata criticità idrogeologica”, e queste risposte dimostrano da una parte la sottovalutazione del rischio e, dall'altra, il grande ritardo nel gestire sul territorio un’azione di prevenzione e riduzione del rischio.

Sette milioni di italiani si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni: vivono, vanno a lavoro e a scuola in aree pericolose, forzatamente urbanizzate!
Non solo: nonostante ci tedino da anni con il falso ambientalismo, che serve ad alimentare solo i business di alcuni noti che orientano gli investimenti globali, l'urbanizzazione criminale delle aree a rischio (e la piana fra Firenze, Prato e Pistoia lo dimostra) continua anche oggi, alla faccia delle consapevolezze e degli obiettivi europei.

La legge impone ai comuni italiani di avere "un piano di emergenza", e l’84% dei comuni lo ha, ma solo il 46% lo ha aggiornato e solo il 30% ha svolto attività di informazione e di esercitazione rivolte ai cittadini, faccende essenziali per preparare la popolazione ad affrontare situazioni di emergenza.

Quindi basta con le favolette degli "eventi estremi" dovuti ai "cambiamenti climatici". Serve che chi ci amministra, anziché pensare a giocare con il sogno di tunnel fantasmagorici sotto i fiumi a scopo turistico (ignorando peraltro il fenomeno dell'overtourism), metta da parte idee e ideologie e si metta a testa bassa a lavorare, a tutti i livelli di governo, affinché si facciano opere per rimediare ai danni fatti e si spendano soldi in cose serie, come la realizzazione di opere per la mitigazione del rischio idrogeologico, che deve diventare una necessità non più prorogabile.

Anche se comprendiamo bene che, come mi ha raccontato una volta un amministratore, per essere ricordati serve tagliare nastri di cose ben visibili, e mettere mano a queste faccende non porta voti...

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