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La chiamata alle armi degli chef

Quando la Caritas chiama gli chef rispondono. I ristoranti sono chiusi e loro traslocano in Caritas per preparare 1500 pasti il giorno

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Paolo Gori nella cucina di Caritas Paolo Gori nella cucina di Caritas © n.c.
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La chiamata alle armi non ha fatto trovare impreparati gli chef fiorentini. Con l'inizio dell'emergenza Coronavirus anche la Caritas che ogni giorno prepara pasti per gli ultimi della città è andata in sofferenza.
Molti dei cucinieri sono pensionati e come buon senso suggerisce chi ha oltre i 65 anni è bene che resti a casa e così anche le cucine della Caritas si sono svuotate proprio mentre servivano più braccia dato che, con la chiusura delle scuole anche il supporto dei centri cottura cade.

Caritas così si appella alla città per non lasciare senza un pasto caldo gli ultimi di Firenze. Paolo Gori, chef di uno dei locali più storici di Firenze Burde, che dalla sede Caritas di via Baracca è "vicino di casa" non solo risponde all'appello ma chiama alle armi i colleghi attraverso la chat interna degli chef di della provincia.
Tanti hanno risposto fin da subito e così, dato che i loro ristoranti sono chiusi loro si sono spostati armi, coltelli, fornelli e bagagli nella grande cucina Caritas dove serve molta manovalanza ma anche la professionalità di chi cucina per mestiere in un periodo particolarmente delicato per la salute pubblica.
E' entusiasta nonostante la stanchezza Paolo quando racconta che "tantissimi hanno risposto all'appello, ma possiamo fare come chef toscani molto di più." Sottolinea come il loro apporto professionale sia un valore aggiunto "quando c'è in ballo la salute delle persone noi che lavoriamo in questo ambiente abbiamo tutti i requisiti (haccp, dimestichezza, velocità etc) e sappiamo bene come trattare il prodotto sia nel recupero degli scarti che nella gestione della salubrità".

Sono circa 35 ad oggi i presenti nella chat del gruppo chef toscani ad far parte della truppa capitanata da Paolo Gori e fra loro molti nomi importanti che però vogliono rimanere anonimi. "Sappiamo bene dei rischi che si possono correre quando siamo in un ambiente promiscuo per molte ore al giorno, ma proprio perché li conosciamo stiamo attenti. Nessuno di noi si è spaventato davanti a questo, però serve ancora uno sforzo. Serverebbe qualche collega in più. Se riusciamo ad essere almeno cinquanta sarebbe molto meglio".
Noi di Ok!Firenze lanciamo la sfida e miriamo al raddoppio degli chef fra i fornelli Caritas e speriamo di arrivare almeno a 70 dato che cuochi e chef in una città dove fino al mese scorso si parlava di overtourism non mancano.

"Il futuro è un punto interrogativo per tutti - riflette Paolo - noi da Burde siamo aperti come storico alimentari della zona e siamo ben felici in questo di fare un qualcosa di utile al quartiere, ma col ristorante siamo chiusi e così per non stare mano in mano quando c'è bisogno di noi con entusiasmo siamo in quest'avventura. Ci fa bene, soprattutto perché torniamo a rimettere alcuni valori al loro posto. Cucinare un pasto caldo semplicemente per sfamare e non per divertimento è un valore ritrovato."

Un lavoro duro ma tante soddisfazioni. Due turni, sette giorni su sette e l'impegno anche di andare al mercato di Novoli e poi tagliare, spellare, scattivare tutte le eccedenze alimentari che in Cartias sono l'ingrediente principale su cui inventare il menù.

Testa bassa, fatica, sudore. Gli chef sono abituati a questi anche se meno lo sono ai grandi numeri come ci conferma anche Giulia Franco che da poco aveva ritirato su bandone al 588 dopo aver messo in bacheca insieme ad Andrea Perini un (ennesimo) premio.
Una piccola grande donna che non si è tirata indietro quando c'è stato bisogno di lei. Giulia non si spaventa davanti alla grande pila di cassette piene di verdura da pulire e scattivare che arrivano dal mercato "è bello essere qui, hai la soddisfazione di aver fatto qualcosa di buono e utile e questa è una cosa che scalda il cuore. Personalmente questa è anche una bella terapia perché questo virus maledetto mi ha colpito negli affetti portandomi via in tre giorni la mia amata nonna."
E Giulia, mascherina, guanti, cappello da chef ha in quest'impegno ha anche la terapia al suo dolore.

Fare del bene fa bene, gli chef toscani lo hanno capito (quasi) tutti. Forza cucinieri dimostrate a tutti che non siete solo impiattamento - anche se l'estetica e il gusto è molto gradito anche dai clienti Caritas - e programmi tv. Siete uomini e donne che quando il paese chiama sanno andare in trincea,. Grazie








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Commenti 1
  • Ghezzi

    Senza mascherina e guanti, selfie di pubblicità con cellulare toccato con i guanti e quindi contaminati, il telefono è una “bomba” visto che lo si tiene vicino alla bocca solitamente. Meglio poche persone con profilo basso e ben istruite e controllate.

    rispondi a Ghezzi
    mer 1 aprile 2020 01:31