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Acconti fiscali non pagati il 1° dicembre: come mettersi subito in regola evitando le stangate

Chi non ha pagato l’acconto Irpef, Ires o Irap rischia sanzioni e interessi: come regolarizzarsi e cosa cambia col ravvedimenti.

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Chi non ha pagato l’acconto Irpef, Ires o Irap rischia sanzioni e interessi: come regolarizzarsi e cosa cambia col ravvedimenti.

Dal 2 dicembre chi non ha effettuato il versamento dell’acconto Irpef, Ires o Irap è tecnicamente inadempiente nei confronti del Fisco. La scadenza era fissata per il 30 novembre, ma slittava a lunedì 2 dicembre 2025 solo per effetto del calendario. Il mancato pagamento, anche se di un solo giorno, fa entrare il contribuente in una condizione di irregolarità fiscale, con applicazione automatica di sanzioni e interessi legali. L’Agenzia delle Entrate non invia solleciti immediati: l’infrazione emerge nei controlli incrociati o in fase di dichiarazione. Il regime sanzionatorio prevede percentuali che possono variare sensibilmente in base al ritardo. La sanzione piena è del 25% dell’imposta non versata, ma si può ridurre con il ravvedimento operoso. Il tasso d’interesse per il 2025 è fissato al 2% annuo, calcolato giorno per giorno sul debito.

Sanzioni e interessi dal giorno successivo: come funziona il meccanismo dopo il 1° dicembre

L’omesso o insufficiente pagamento dell’acconto comporta l’applicazione automatica di una sanzione amministrativa e il calcolo degli interessi legali. La sanzione standard è pari al 25% dell’imposta non versata. Non serve che l’Agenzia delle Entrate invii una comunicazione: il contribuente risulta inadempiente dal giorno stesso in cui non ha effettuato il versamento. L’irregolarità fiscale incide anche sulla posizione generale del contribuente, che potrebbe vedersi bloccate alcune compensazioni o agevolazioni nei mesi successivi.

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Chi decide di regolarizzarsi spontaneamente può usufruire del ravvedimento operoso, che consente di abbattere la sanzione in base al numero di giorni trascorsi dalla scadenza. Se il pagamento avviene entro 14 giorni, la sanzione è ridotta a 0,083% per ogni giorno di ritardo. Tra il 15° e il 30° giorno, scende a 1,25%, mentre tra il 31° e il 90° giorno si ferma al 12,5%. Dopo il 90° giorno, la sanzione minima possibile è 3,125%, fino alla data della dichiarazione. Superata quella data, non è più possibile applicare riduzioni e torna in vigore la sanzione piena del 25%.

Oltre alla sanzione, si sommano gli interessi moratori, che vengono calcolati al 2% annuo, con decorrenza dal 2 dicembre 2025 fino al giorno effettivo del versamento. Il calcolo si basa sulla formula:
interessi = importo × 2% × giorni di ritardo / 36.500
Su un debito di 5.000 euro, con 40 giorni di ritardo, gli interessi saranno pari a circa 11 euro. Questo dato, se unito alla sanzione ridotta, permette al contribuente di valutare quanto conviene agire in fretta.

Come regolarizzarsi con il ravvedimento: moduli, codici tributo e importi da versare

Il ravvedimento operoso rappresenta lo strumento più efficace per sanare l’omissione senza incorrere nel massimo della sanzione. Per usufruirne, è necessario effettuare tutti i versamenti contestualmente: l’imposta non versata, la sanzione ridotta calcolata in base ai giorni di ritardo e gli interessi legali. Il tutto va inserito nel modello F24, utilizzando i corretti codici tributo.

Per il secondo acconto Irpef, il codice da usare è 4034. Per Ires, si utilizza 2002. Per l’Irap, va inserito 3813, mentre per la cedolare secca il codice è 1841. I soggetti che applicano il regime forfettario dovranno utilizzare il codice 1791. Per la parte relativa a sanzioni e interessi, si usano i codici 8901 (Irpef), 8918 (Ires), 3805 (Irap) e così via. Fondamentale è indicare l’anno di imposta (in questo caso, 2025) nel campo corretto del modello.

Il versamento va eseguito attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (Entratel o Fisconline) per chi possiede partita IVA. I privati non titolari di partita IVA possono, in alcuni casi, usare il modello F24 cartaceo, ma solo se non effettuano compensazioni. Il contribuente dovrà conservare la documentazione con i calcoli effettuati, pronta da esibire in caso di controlli futuri.

La tempestività dell’operazione è decisiva. Ritardare di qualche giorno può far salire rapidamente il costo della sanzione. Un versamento effettuato tra il 31° e il 90° giorno permette di dimezzare la sanzione ordinaria (dal 25% al 12,5%). Oltre i 90 giorni, le riduzioni si assottigliano e dopo la scadenza della dichiarazione non sono più previste.

La procedura è tecnica, ma non complessa. Basta prestare attenzione ai dati inseriti e utilizzare gli strumenti giusti. L’obiettivo è rimettere in ordine la propria posizione fiscale senza attendere accertamenti o comunicazioni. Chi non interviene rischia di ricevere avvisi bonari o cartelle esattoriali, con sanzioni piene e aggiunta di costi di riscossione.