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Controlli serratissimi, adesso il Fisco passa al vaglio anche su queste operazioni

Non solo i bonifici in entrata: anche prelievi e trasferimenti in uscita finiscono nel mirino dell’Agenzia delle Entrate

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Non solo i bonifici in entrata: anche prelievi e trasferimenti in uscita finiscono nel mirino dell’Agenzia delle Entrate e possono far scattare accertamenti fiscali.

Il Fisco italiano tiene sotto controllo non soltanto i soldi che arrivano sui conti correnti, ma anche i movimenti in uscita. Questo significa che prelievi, versamenti e trasferimenti non sono operazioni private e invisibili, ma tracciabili e, se anomali, possono destare sospetti da parte dell’Agenzia delle Entrate. A prevederlo è l’articolo 32 del Testo unico del 1973 sull’accertamento delle imposte, che autorizza controlli capillari per verificare la coerenza tra quanto dichiarato dai contribuenti e l’effettivo utilizzo del denaro.

Come funzionano i controlli e quali rischi si corrono

Ogni cittadino è libero di disporre del proprio denaro, ma solo se le somme movimentate derivano da redditi leciti e regolarmente dichiarati. Nel caso in cui emergano incongruenze, l’Agenzia delle Entrate può procedere con verifiche approfondite. Non si tratta di controlli casuali: vengono attivati quando i dati bancari non coincidono con le dichiarazioni fiscali. Un esempio pratico: un lavoratore che riceve lo stipendio, paga le spese quotidiane e va in vacanza non corre rischi. Diverso il caso di chi non dichiara redditi ma movimenta migliaia di euro per auto di lusso o viaggi costosi. In situazioni simili, il Fisco presume l’esistenza di redditi non dichiarati e può aprire un accertamento.

bonifici in entrata senza giustificazione vengono considerati come potenziali redditi non dichiarati - okmugello.it

Anche i bonifici in entrata senza giustificazione vengono considerati come potenziali redditi non dichiarati. I movimenti in uscita, invece, non determinano automaticamente una tassazione, ma se ripetuti o incoerenti (per esempio bonifici continui verso lo stesso soggetto) possono spingere i funzionari ad approfondire, ipotizzando pagamenti in nero o operazioni di riciclaggio. In ogni caso, ogni operazione deve essere supportata da una documentazione certa: ricevute, fatture o altri documenti che dimostrino l’origine e la destinazione del denaro. Senza prove, l’amministrazione può ricostruire il reddito presunto del contribuente e contestare evasione fiscale.

Le sentenze della Cassazione e gli strumenti dell’Agenzia delle Entrate

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza del 19 giugno 2024, ha ribadito che i controlli sui conti correnti sono legittimi e che spetta al contribuente fornire prove precise per ogni movimento, sia in entrata che in uscita. Non basta una giustificazione generica: serve un collegamento diretto con redditi contabilizzati o spese realmente sostenute. Il caso analizzato riguardava una società sottoposta a ispezione dalla Guardia di Finanza, dove erano emerse fatture incomplete, spese non pertinenti e irregolarità sull’Iva. Le verifiche si sono estese anche ai conti personali del legale rappresentante e dei familiari, portando a un accertamento fiscale completo. La documentazione fornita non era sufficiente e da lì è scattata la ricostruzione dei redditi presunti.

A rafforzare i controlli c’è anche l’anonimometro, uno strumento digitale che incrocia in automatico i dati bancari con quelli fiscali, approvato dal Garante della Privacy. In questo modo il Fisco può individuare in tempo reale anomalie senza violare la riservatezza dei contribuenti in regola. Il messaggio è chiaro: ogni movimento di denaro deve avere una giustificazione valida e documentata. Non si tratta più di un affare privato tra cittadino e banca, ma di un’operazione trasparente agli occhi dello Stato. Per chi non è in regola, il rischio è quello di accertamenti pesanti, con possibili sanzioni e conseguenze economiche rilevanti.