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Un problema di salute che tutti ignorano e che potrebbe costare caro: perché bisgona fare attenzione adesso

Mentre il dibattito pubblico si concentra su CO₂ e polveri sottili, un’altra forma di inquinamento cresce silenziosamente in tutta Europa: il rumore ambientale

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Un problema di salute sottovalutato - okmugello.it Un problema di salute sottovalutato - okmugello.it © N. c.
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Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), oltre 110 milioni di europei — più di uno su cinque — vivono esposti a livelli di rumore da traffico che superano i limiti stabiliti dalla normativa comunitaria.

Se si considerano le soglie più stringenti proposte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la stima sale a 150 milioni di cittadini, ovvero quasi un terzo della popolazione UE.

Strade, treni e aerei sono le principali fonti di questa pressione sonora continua. Ma non si tratta solo di fastidi passeggeri: l’impatto sulla salute pubblica è documentato e allarmante. Il rumore ambientale è associato a circa 66.000 morti premature ogni anno, oltre a migliaia di nuovi casi di malattie cardiovascolari, diabete e disturbi cognitivi, in particolare nei bambini. Il rumore notturno, in particolare, compromette il riposo e altera i ritmi biologici, aggravando patologie croniche e influenzando il benessere mentale.

Un problema di salute che viene ignorato da tutti

Il problema, tuttavia, va oltre la sfera umana. Anche la fauna soffre. Quasi un terzo delle aree protette Natura 2000 è esposta a livelli di rumore capaci di modificare i comportamenti di molte specie, interferendo con la comunicazione tra animali, la riproduzione e persino la sopravvivenza. E sotto la superficie del mare, l’inquinamento acustico sottomarino causato da traffico navale e attività industriali minaccia cetacei e altri organismi marini che dipendono dal suono per orientarsi e vivere.

Nonostante questi dati, l’Europa fatica a intervenire con decisione. La Direttiva europea sul rumore ambientale, risalente al 2002, mostra oggi i suoi limiti: obiettivi non vincolanti, monitoraggi incompleti, poche risorse e una governance frammentata tra livelli istituzionali. L’ambizioso obiettivo del Green Deal europeo di ridurre del 30% l’esposizione al rumore entro il 2030 appare oggi lontano, con una riduzione reale stimata intorno al 3% negli ultimi cinque anni.

Per cambiare rotta servono azioni concrete: aggiornare i limiti normativi, investire in mobilità sostenibile e infrastrutture silenziose, includere il rumore tra i criteri urbanistici e ambientali. Ma serve anche un salto culturale: riconoscere la quiete come risorsa di salute, giustizia e qualità della vita.

L’inquinamento acustico è una sfida trasversale, che riguarda ambiente, salute, economia e democrazia. Affrontarla significa non solo fare meno rumore, ma ascoltare meglio i bisogni di chi vive nelle città, nei piccoli centri e negli ecosistemi europei. In un’Europa che ambisce a essere verde, equa e resiliente, il silenzio non è un lusso, ma un diritto.