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20 luglio 1378, la Rivolta dei Ciompi è al suo culmine

Una delle prime rivoluzioni proletarie della storia.

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La piazza che ricorda i protagonisti di quella vicenda. La piazza che ricorda i protagonisti di quella vicenda. © Facebook
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Era il 20 luglio del 1378 quando Firenze si infiammò per una delle prime rivoluzioni proletaarie che la storia ricorda. Quella passata ai posteri come "rivolta dei Ciompi" ("ciompare" vuol dire battere, percuotere, in questo caso la lana).
Furono infatti gli operai tessili fiorentini addetti alla cardatura della lana a mettere in atto la rivolta per sovvertire la società del tempo e migliorare le proprie condizioni di vita.

Non tutelati ed esclusi dalla rappresentanza politica, i Ciompi facevano parte del "popolo magro" (in contrapposizione al "popolo grasso" dei ricchi e al "popolo minuto" delle Arti Minori) ed erano subalterni all’Arte della Lana, corporazione composta da imprenditori e mercanti a cui non potevano iscriversi.

Lavoravano in ambienti malsani con salari irrisori ed erano spesso costretti a contrarre debiti con i datori di lavoro. Aspetto che li costringeva a non poter cambiare professione, perché obbligati a restare fino al saldo dei debiti.

In caso di insolvenza o controversie, venivano giudicati da un ufficiale eletto dai membri dell’Arte della Lana, che poteva anche comminare la pena del taglio della mano o il carcere.

Avevano già provato a ribellarsi qualche decennio prima, esattamente nel 1344, senza alcun esito e nel nuovo contesto una serie di concomitanze (tra cui lo scontro violento del 1378 tra guelfi e ghibellini per il controllo del governo comunale, la riduzione della produzione della lana per il fiorire dell'industria della seta, l'epidemia di peste con conseguenti crisi sociali ed economiche e ancora la guerra tra Firenze e lo Stato Pontificio) accese la scintilla in cui si sviluppò la nuova rivolta.

I lavoranti fiorentini si ribellarono alle classi più abbienti e l'effetto sorpresa fu determinante!

I Ciompi dettero fuoco a case e palazzi dei datori di lavoro e il 20 luglio 1378 occuparono il Palazzo dei Priori (Palazzo Vecchio) e in poco tempo Firenze fu in mano ai rivoltosi.

Fu eletto loro guida Michele di Lando come Gonfaloniere di Giustizia (la carica più importante della città) e i Ciompi ottennero la creazione di nuove Arti (Farsettai, Tintori e appunto Ciompi), legittimando la presenza dei loro rappresentanti nel governo per un terzo.

Ma per loro non fu una storia a lieto fine.
La mancanza di lungimiranza politica, l'inesperienza nella gestione del potere ottenuto e la contrapposta alleanza tra il "popolo grasso" e quello "minuto" portarono i Ciompi alla dusfatta.

Alla fine di quell'estate del 1378, di fatto, la rivolta era stata sedata e ripristinato lo status quo antecedente alla sommossa e come scrisse lo storico Filippo Villani, "i Ciompi se ne andarono sì come gente rotta, et senza capo et sentimento, perché si fidavano et furono traditi da loro medesimi".

 

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