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Dnipro chiama Italia: la missione di Niccolò Celesti tra macerie, animali salvati e vite sospese in Ucraina

La testimonianza del capo missione di “Ovunque”. Bombardamenti, aiuti ai soldati e l’appello urgente per un nuovo mezzo “Qui, ogni gesto può cambiare un destino

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Bombardamenti e pompieri in azione Bombardamenti e pompieri in azione © Niccolo Celesti
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Dnipro, Ucraina — Raggiungiamo Niccolò Celesti mentre il team di Ovunque è in movimento. Filippo, farmacista volontario, è appena rientrato in Italia per tornare al lavoro e preparare la prossima missione. Niccolò Celesti, capo missione, si è fermato per fare il punto della situazione. Quella che segue è una testimonianza raccolta durante una finestra di connessione, mentre la missione prosegue verso le ultime consegne.

Niccolò, dove ti trovi in questo momento e qual è la situazione sul campo?

«Sono a Dnipro. Filippo Lazzerini è rientrato in Italia e ha già ricominciato a lavorare per preparare le prossime forniture. Rimarrò qui ancora alcuni giorni: devo completare la consegna degli ultimi medicinali e incontrare Save Animal UA per organizzare nuovi progetti e visitare la loro struttura.»

Come sta andando la missione? Siete riusciti a portare a termine tutti gli obiettivi?

«La missione sta procedendo bene. C’è però un aspetto di questa missione che non mi lascia pienamente soddisfatto: avremmo potuto portare molto più materiale prezioso. Il nostro magazzino si sta riempiendo grazie al contributo di Moretti Spa e Secur & Secur, ma ci manca un mezzo aggiuntivo per poter andare e tornare dall’Ucraina, oltre a quello che solitamente lasciamo qui. L’impegno futuro sarà l’acquisto di un mezzo sicuro per dare continuità e per poter portare più aiuti e con più frequenza. »

Il 14 consegnerete l’ambulanza a Kyiv. Ci sono difficoltà logistiche?

«Sì. Il problema più grande ora è trovare un modo per riportare Zampotto (uno dei cani evacuati che ha bisogno di un intervento chirurgico per estrarre i proiettili che lo avevano ferito) in Italia dopo l’ultima operazione. Se qualcuno potesse darci un passaggio dalla Moldavia, fino a Chișinău, potremmo completare anche questo atto di umanità. È un appello aperto.»

Cosa siete riusciti a fare finora?

«Molto, grazie al sostegno di tutti e alla nostra stanchezza “ben guadagnata”. Abbiamo consegnato a Gud Point medicinali, materiali sanitari, pannolini, assorbenti, disinfettanti, integratori, coperte… tutto ciò che può aiutare chi è rimasto. Ai medici da combattimento di MedTacNorth abbiamo portato materiale specifico donato da Moretti Spa, preziosissimo. Abbiamo già una nuova lista di richieste chirurgiche per la prossima missione.»

consegna gud point

Siete stati anche sul fronte. Cosa avete trovato?

«Abbiamo portato decine di sacchi di cibo per cani e gatti acquistati qui in Ucraina, così da sostenere anche l’economia locale. Abbiamo consegnato aiuti a un soldato di Rodinsky — lo stesso villaggio da cui è fuggita Polina — che ci invia immagini degli animali che continua ad assistere.»

Abbiamo aiutato Olga, che gestisce un piccolo rifugio privato.

Da Sloviansk, a soli 10 km dal fronte, ci siamo poi spostati verso Dobropillya, ormai quasi completamente distrutta e infestata da droni e missili.
Siamo stati fortunati e preparati: l’intelligence, lo studio degli orari e dei percorsi, la nebbia… tutto ci ha aiutato a portare a termine l’evacuazione. Io e Polina lavoravamo sul campo mentre Filippo ci supportava dalla casa sicura dei soldati che ci ospitavano. 

Abbiamo evacuato 8 cani e 4 gatti, trovando per loro un rifugio sicuro.
Lo stesso giorno li abbiamo portati verso Dnipro, Poltava e Kyiv. 

Cosa significa portare via animali da una zona così pericolosa?

«Significa salvarli da una vita di fame, paura e in molti casi da una morte certa. A Dobropillya, tra strade piene di detriti e case distrutte, oltre agli animali che abbiamo salvato, vedevo decine di randagi: magri, sofferenti, che sopravvivono grazie ai volontari locali. Loro rischiano ogni giorno molto più di noi, ma quando vedono aiuti internazionali si commuovono, perché capiscono che non sono soli, che qualcuno è disposto a spingersi fin quasi al limite.»

Avete anche provato a evacuare civili?

«Sì. Abbiamo provato a convincere alcune persone a salire con noi sull’ambulanza, ma hanno rifiutato. Succede spesso. Tra poco non potremo più entrare in quell’area. E sia gli animali che le persone rimasti lì…andranno incontro a un destino in cui la morte è l’opzione più probabile. È per questo che dobbiamo organizzare nuove missioni il prima possibile.»

Chi vi supporta sul campo?

«Siamo potuti entrare a Dobropillya grazie alla disponibilità di persone come Ruslan. Ci ospita in un posto sicuro. Se ci capitasse qualcosa, lui e i suoi uomini rischierebbero la vita per recuperarci. Ha vissuto vent’anni in Italia, poi è tornato per difendere il suo Paese e, in un certo senso, anche quello che considera il suo secondo Paese: l’Italia. Lui e i suoi uomini avevano bisogno di vestiti termici, scarponi, cibo liofilizzato, e soprattutto di un generatore e di un accumulatore per resistere in trincea. Glieli abbiamo portati. E siamo riusciti perfino a strappargli un sorriso cucinando una carbonara.»

Avete aiutato anche strutture sanitarie?

«Sì. A Sloviansk abbiamo consegnato due sedie a rotelle e medicinali al reparto maternità: un posto dove nascono bambini e dove possono cadere missili in ogni momento. Finché resterà aperto, continueremo ad aiutarli.»

consegna ospedale

Durante i viaggi fate anche piccoli interventi per chi vi sostiene?

«A volte sì. Un pieno di benzina a un soldato che non può più permettersi l’auto, il cambio di una ruota a chi non può comprarne una nuova. Sono piccoli gesti, ma qui valgono tantissimo.»

Cosa vi serve adesso per continuare?

«Servono soldi, volontari, medicinali e persone di cuore. Persone che parlino ad altre persone di cuore di Inossidabile e del progetto Ovunque. Perché quello che facciamo è possibile solo grazie a chi ci sostiene, dall’Italia e da qui.»

In mezzo a città svuotate, rifugi improvvisati, ospedali che continuano a resistere e uomini e animali che lottano ogni giorno per sopravvivere, le missioni come quella di Ovunque restano un filo sottile ma indispensabile che unisce chi può aiutare a chi ha bisogno.

Le storie che Niccolò racconta da Dnipro — i cani salvati sotto i bombardamenti, i medici che chiedono attrezzature, i volontari locali che non abbandonano mai gli ultimi rimasti, soldati come Ruslan che aprono le loro case sicure a chi porta aiuto — sono il motivo per cui questa macchina fragile ma tenace continua a muoversi.

E continuerà a farlo.
Ma per farlo ha bisogno di tutti noi.

Servono fondi, perché senza un nuovo mezzo non si potranno portare più aiuti né raggiungere le zone che stanno per isolarsi.
Servono medicinali, attrezzature, volontari capaci di prendersi carico di piccoli grandi gesti che qui valgono una vita.
Servono persone disposte a parlare di questa missione, a condividerla, a non lasciare che cada nel silenzio.

Perché in Ucraina — soprattutto qui, dove indesiderati diventano invisibili — una mano tesa può cambiare il destino di un soldato, di una famiglia, di un animale ferito. E ogni missione, ogni viaggio, ogni consegna nasce da un semplice atto: qualcuno, da qualche parte, decide che vale la pena aiutare.

Chi può, aiuti. Anche poco può diventare tantissimo, se arriva nel momento giusto.

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