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Pellegrino Artusi: l'uomo che inventò la gastronomia

Doveroso ricordarlo nel giorno della sua morte.

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La "bibbia" artusiana La "bibbia" artusiana © Facebook
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IL 30 marzo 1911 moriva a Firenze Pellegrino Artusi, scrittore e maestro nell’arte della cucina
"Passami l’Artusi…guarda sull’Artusi…cosa dice l’Artusi?"
Non c’è dubbio che “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, l’immortale opera culinaria di Pellegrino Artusi, sia ancora oggi un punto di riferimento per chiunque si voglia cimentare ai fornelli e (cercare di) fare bella figura.
Probabilmente non esiste casa italiana dove non ci sia almeno una copia dell’ Artusi. Uno dei libri più editi e venduti (e non solo nella nostra penisola), con decine e decine di edizioni e generazioni d’italiani che di questo libro ne hanno fatto tesoro, acquistandolo, regalandolo, a volte facendone geloso patrimonio generazionale, di madre in figlia, di nonna in nipote.

Una raccolta di ricette tradizionali del nostro stivale, pubblicato nel 1891 a Firenze, che ebbe un immediato e ampio consenso.
Un libro che non era solo un ricettario ma un manifesto dell’Unità d’Italia, anch’essa fresca di nascita. Uno scritto che univa le ricette da nord a sud, in un italiano fluido, elegante e armonioso (anche un po’ fiorentino), che contribuì a diffondere lingua e ricette in tutto il paese, favorendo il cemento di una giovane nazione, così come a tavola si cementa un’amicizia.

Un testo in cui Pellegrino si diletta a perdersi in gustose digressioni o se volete si attarda a presentare i piatti con osservazioni, aneddoti, consigli o dotte citazioni che non appesantiscono il testo ma anzi lo arricchiscono di contenuti senza tempo, ancora del tutto godibili.

L’Artusi nacque per caso o quasi. Nel 1855 Pellegrino era a Livorno e dopo aver consumato un minestrone venne preso da forti dolori allo stomaco. Pensando subito fosse colpa del minestrone, si convinse a scriverne una propria ricetta per tramandarne il giusto e sicuro procedimento. Tornato a Firenze scoprì che la colpa non era del minestrone ma, forse, del “colera” che dilagava allora nella cittadina labronica. Ormai il seme del ricettario era piantato.

Pellegrino Artusi fu commerciante per gran parte della sua vita ma, giunto alla soglia dei 50 anni, quando Firenze era Capitale d’Italia, si ritirò a vita privata, coltivando la sua passione per i viaggi e la scrittura e dedicandosi alle numerose stesure della sua opera più celebre.

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